Festa de la Sensa: Storia

La Festa della Sensa (Festa dell’Ascensione) era una festività della Repubblica Serenissima che si svolgeva nel giorno dell’Ascensione (in veneziano Sensa) di Cristo.

Essa commemora due eventi importanti per la Repubblica.

Il 9 maggio dell’anno 1000, il doge Pietro II Orseolo soccorse le popolazioni della Dalmazia minacciate dai pirati Slavi. Una protezione delle genti adriatiche che rappresenta l’inizio del cammino intrapreso da Venezia per il dominio del Mare Adriatico, al quale tendeva fin dalle sue origini non tanto per motivi di conquista, quanto per ragioni di vita e commercio. Un controllo del mare e dei principali porti che rendeva il possesso territoriale quasi superfluo, con le città dalmate che ricambiavano la Repubblica Veneta con tributi, regolati secondo le proprie risorse naturali ed economiche.

Il secondo evento è collegato all’anno 1177, in occasione di un’altra vittoria veneziana, più diplomatica rispetto alla precedente, che rende il cerimoniale della festa più complesso. Nel 1177 il papa Alessandro III e l’imperatore Federico Barbarossa firmarono a Venezia la pace che pose fine alla lotta tra Papato e Impero e il mediatore fu proprio il doge Sebastiano Ziani. In quell’occasione nacque la Fiera della Sensa per la venuta a Venezia di Papa Alessandro III, il quale avrebbe concesso una particolare indulgenza ai pellegrini che avessero visitato la chiesa di San Marco nella vigilia dell’Ascensione, nel giorno di quella festività e nei sette dì successivi.

Il mercato della Sensa si svolgeva in Piazza San Marco, e inizialmente durava otto giorni, in seguito quindici. Il mercato era retto da una legislazione che vedeva come espositori non solo i commercianti veri e propri, ma anche gli artisti. Infatti, vi si trovano disposti a gruppi, secondo le qualità di merci vendute, orefici, argentieri, vetrai, strazzaroli, librai, venditori di stoffe preziose, fabbricanti di perle di vetro, calzolai, tappezzieri, lanaioli, venditori di bordure e fiocchi dorati, pittori e scultori.

Sotto il dogado di Sebastiano Ziani, Papa Alessandro III e l’imperatore Federico Barbarossa stipularono a Venezia il trattato di pace che pose fine alla diatriba secolare tra Papato e Impero. In occasione di questa ricorrenza si svolse per secoli, fino alla cadura della Repubblica, il rito dello Sposalizio del Mare. In quel giorno, ogni anno, il Doge, sul Bucintoro, raggiungeva S. Elena all’altezza di San Pietro di Castello. Ad attenderlo lo attendeva il Vescovo, a bordo di una barca con le sponde dorate, pronto a benedirlo. Per sottolineare il dominio della Serenissima sul mare, la celebrazione culminava con una sorta di rito propiziatorio: il Doge, una volta raggiunta la Bocca di Porto, lanciava nelle acque un anello d’oro.

La cerimonia fu inizialmente semplice: una “visita” al mare del doge durante la quale il vescovo di Castello benediceva l’Adriatico. Su questo rito della benedictio, in una data che non è possibile precisare, si innestò quello della desponsatio giustificato col privilegio che sarebbe stato accordato al doge Sebastiano Ziani dal papa Alessandro III, quasi a dare veste giuridica al dominio di fatto che la Serenissima esercitava sull’Adriatico.

Alla vigilia dell’Ascensione il Bucintoro veniva ormeggiato in bacino San Marco di fronte al Palazzo Ducale. Il mattino seguente, il giorno della festa della Sensa, dopo che gli arsenalotti si erano imbarcati, il doge usciva dal Palazzo Ducale e prendeva posto col seguito sul Bucintoro. All’altezza del monastero di Sant’Elena, il patriarca con i canonici si imbarcava su un peatone e, dopo preghiere propiziatorie, saliva sul Bucintoro all’altezza del porto di San Nicolò, prendendo parte ai riti, benedicendo il doge, il seguito e il mare. A questo punto il doge gettava un anello d’oro tra le onde del mare Adriatico, pronunciando la formula di rito: «In signum veri perpetuique dominii». Durante la cerimonia, dai forti, posti all’imboccatura del porto di San Nicolò, le artiglierie sparavano, i moschettieri dalmatini scaricavano le loro armi, mentre al Lido faceva gli onori al Bucintoro uno squadrone di cavalleria. Compiuto il rito, il Bucintoro invertiva la rotta e si dirigeva verso il Lido, approdando alla riva davanti alla chiesa di San Nicolò, per venerare le reliquie di quel Santo, patrono dei naviganti, invocato per sedare le tempeste, il cui culto era molto diffuso in città e che, con San Marco e San Teodoro, formava la triade che proteggeva Venezia. Il Bucintoro concludeva il suo viaggio da dove l’aveva incominciato, ormeggiandosi in piazzetta San Marco al molo. Dopo essere sbarcato, il doge andava a visitare il mercato della Sensa in piazza San Marco, quindi si avviava in Palazzo Ducale, ove avevano luogo due diversi banchetti: il primo per la nobiltà e gli ambasciatori stranieri, il secondo, riservato agli ammiragli, ai proti e ai capimaestri dell’Arsenale che avevano partecipato alla cerimonia sul Bucintoro.

fonte: Venezia Marketing Eventi, www.veneziamarketingeventi.it

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